“A powerfull mix of 90’s punk rock and power pop with both female and male vocals, infectious melodies, singalong choruses and insightfull lyrics”. Così viene presentata la band di Sesto San Giovanni sulle note di copertina e il piatto non può che presentarsi subito appetitoso.
Il vinile è la prima uscita della neonata etichetta Venti3 del giornalista Stefano Gilardino (autore de “La storia del punk” Hoepli ed. e molti altri testi fondamentali) e si presenta visivamente semplice e coerente con quello che ci si aspetta: grafica in bianco e nero e spirito old school, nome e titolo con font molto ’77, foglietto interno con i testi che potrebbero essere scritti a mano e fotocopiati, retro con foto della band di schiena con cartello “COSTANT TROUBLE” e vinile bianco candido stampato su un lato solo. Insomma al bando inutili smenate grafiche, si va diretti al sodo, mettiamo la puntina sui solchi.
Wow! Lo ascolti e non puoi che ripetere “wow, che disco!”: avvolgente e spigoloso, melodico e graffiante allo stesso tempo. Quello che colpisce fin dai primi ascolti è il coinvolgente intreccio e la sagace alternanza delle voci maschile e femminile, sembrano alle volte duellare ed altre volte mescolarsi con affetto. La chitarra di Ale è in assoluta evidenza e spazza via ogni dubbio se pensavamo di trovarci di fronte alla classica band pop punk, qui ci immergiamo in territori ben più vasti con riff rock’n roll, sfumature power pop ed energia pop-core. Il basso de La Contessa non rimane sullo sfondo ma cuce e decora accompagnando le ritmiche tese di Taffy alla batteria.
Difficile paragonare The Twerks a qualche altro gruppo perché il tasso di personalità è alto e le influenze sono molto varie, di questi tempi qualità che si sono perse nel marasma della musica liquida fatta per playlist. Quando ascolto “A private display of trouble” mi vengono in mente il cuore e la passione indipendente dei J.Church di Lance Hahn ma anche gli intrecci vocali e le mescolanze sonore di Exene Cervenka e John Doe degli X.
La sensazione generale è di un entusiasmo che sale mentre si riascolta il disco per la terza-quarta volta magari con i testi sotto mano e immaginandosi negli anni ’90 al 924 Gilman street di Berkley mentre sale sul palco Jesse Michaels degli Operation Ivy. “Set the radio on fire” con un basso e una ritmica quasi Fugaziana è un pezzo che non può che far scattare una scintilla e potrebbe stare bene in una radio universitaria americana: perfetto inizio per scoprire questo disco.
Buon viaggio da Ale PE1994.