Andrea Toselli: Quel periodo di tempo dell’inverno 2020 è probabilmente il motivo per cui hai affrontato argomenti diversi? Possiamo considerare quello come un periodo buio che possiamo avvicinare all’Apocalisse o qualcosa del genere, il tuo approccio è cambiato in base a quello che stavi vivendo in quel momento?
Ben Weasel: Chiunque faccia arte è influenzato dall’ambiente che lo circonda e spesso in modo che non conosce e non si rende conto. Tutto è culturalmente connesso quindi sai che Mozart non avrebbe scritto ciò che ha scritto nel modo in cui lo ha scritto se non fosse vissuto 50 anni prima o 50 anni dopo.
Ma detto questo non sono assolutamente sicuro di quanto ognuno sia consapevole quindi non ci ho pensato molto. Io nel precedente album ho scritto delle cose che potresti definire più oscure e che erano interessanti per me, ma molto di quello che sto facendo tematicamente ha spesso a che fare con film che sto guardando o libri che sto leggendo quindi forse ha più a che fare con questo. Per esempio la canzone In the castle è la mia versione del romanzo di Shirley Jackson “Abbiamo sempre vissuto nel castello” che non avevo mai letto fino a quell’inverno e che è stata una delle belle letture del periodo della pandemia ed è divertente perché erano anni che volevo leggerlo ma non avevo idea di cosa parlasse. Quando scelgo un libro non mi interessa tanto sapere di cosa parla, magari mi piace l’autore o qualcuno me l’ha consigliato o qualsiasi altra cosa. Certe volte le cose si mettono insieme in un certo modo grazie al quale inizi a notarle e ti sembra stiano entrando nella tua vita come delle coincidenze. Ma probabilmente si inizia a notare certe cose o a dare enfasi a certe altre più di prima solo quando entrano nel tuo raggio di consapevolezza.
Hai parlato di letture di libri e visione di film ma so che una delle tue passioni è scrivere sceneggiature, è successo che una delle sensazioni creative che avevi per un film sia stata poi tradotta in una, due canzoni o forse un album?
No, direi di no, in realtà una sceneggiatura è finita in un romanzo che sto scrivendo ora, quindi è un pò una cosa diversa anche se poi non è facile dire cosa inconsciamente viene filtrato in un modo che non comprendi completamente. Sono particolarmente interessato a certi temi, come quello apocalittico, e specialmente come sono correlati con il senso di colpa, il peccato e la redenzione. Sono interessato a quel genere di cose che rompono quella sottile membrana della realtà che imponiamo al mondo e che ci fanno fermare di colpo sulla nostra strada. Così conosci molti aspetti che probabilmente possono essere davvero buoni strumenti per il teatro e sono anche interessanti per conoscere un punto di vista filosofico e psicologico e persino un punto di vista teologico. Quindi tutte quelle strade che se inizi a percorrere sei sicuro che possono esserti utili se fai altri percorsi creativi, anche se non riguardano esplicitamente il tuo settore. Si dice che “il latte nel frigorifero prende il sapore di quello che gli sta attorno”, anche se non succede realmente ma è un vecchio proverbio che conosciamo e che spiega sicuramente quello che stavo dicendo.
Partendo dal tuo punto di vista che hai espresso, di che cosa ti fidi in questo momento dopo un periodo in cui è stato messo tutto in discussione per quello che è successo negli ultimi due anni, in cui ci hanno detto di non fidarci del governo e ci dicevano cosa dovevamo fare o non fare, anche da un punto di vista teologico di cosa tu attualmente ti fidi?
Questa è una domanda eccellente, ma non sono esattamente sicuro su cosa rispondere e non sono assolutamente sicuro di me stesso, che è una mia mancanza. Direi che ciò di cui mi fido in generale è l’arte, l’arte nella sua massima espressione non è teologia, l’arte non è psicologia, l’arte non è politica, l’arte non è filosofia e non è destinata ad esserlo ma nella sua massima espressione ha questa specie di tentacoli che si allungano e incorporano tutte queste cose. Che tu non usi le parole o che tu usi le parole o che usi la poesia o la prosa, l’arte crea qualcosa che va oltre il linguaggio parlando al trascendente. Quindi per me in un momento in cui non ti fidi dei media, del governo e anche di alcune persone della professione medica e anche dei tuoi simili alle volte penso che l’arte possa tagliare fuori molte di queste barriere e farti vedere il mondo, e come funziona, non in modo dualistico e patetico, ma può farti vedere qualcosa che in qualche modo può dare un senso e in qualche modo farti pensare che te la caverai.
Probabilmente grazie all’arte tu e Andrea Manges vi siete incontrati e avete iniziato la vostra amicizia e probabilmente Andrea è una di quelle persone di cui ti fidi perchè hai deciso di stampare il disco con la sua etichetta Striped rec.
Lui è una brava persona e non ho avuto nessun dubbio nel collaborare con lui, è molto importante perché si tratta di affari molto delicati e tante persone non sono molto affidabili quindi è molto importante avere a che fare con persone che sarai certo non cercheranno di fregarti.
Di nuovo è una questione di equilibri, hai parlato di affari e quando si parla di questo nel mondo del punk rock spesso c’è una mentalità che dice che in questo genere non ci dovrebbe essere business. Nella realtà invece è inevitabile che si debba parlare di affari anche quando si suona punk rock. Spesso bisogna considerare la band come un’azienda che deve fare i conti con i viaggi in aereo, con la produzione di dischi e cose del genere. Negli ultimi anni il tuo punto di vista sugli affari in questa scena è cambiato o è stata solo un’evoluzione di quello che pensavi quando eri più giovane?
Penso che tu sappia che c’è stato un momento in cui ero molto idealista e ingenuo quando ero giovane ed ero molto sicuro che le altre persone stessero facendo cose che non avrebbero dovuto fare con le loro band e il loro business e questo era solo perché non avevo idea di quale fosse la realtà. Poi sono stato fortunato perché alla relativa giovane età di 23 anni sono stato costretto ad affrontare la realtà e mi sono reso conto che avevo un business, che mi piacesse o no. Perciò rispetto alle persone che si arrabbiano se si parla di affari il problema è che il business c’è comunque che ti piaccia o no e non c’è nulla che tu possa fare a riguardo. Stai facendo business anche se tu vai a fare un concerto senza essere pagato, anche se dici che suonerai gratis, stai facendo comunque del business. Fino a quando farai finta di non capirlo farai cose che non sono solo negative per te, il tuo lavoro creativo e la tua arte, ma hanno delle ripercussioni negative anche per tutti gli altri.
Un buon esempio di questo, non so se qualcuno lo ha già fatto in Italia, ma nella rock music negli Stati Uniti, anche se non è più molto sviluppato, per molto tempo c’è stata questa usanza del pay-to-play secondo la quale avresti dovuto vendere una certa quantità di biglietti per essere pagato, insomma far entrare tu le persone al bar per ascoltarti suonare. Molte band lo hanno fatto e più lo facevano più altre persone erano incoraggiate a richiederlo ad altre band e quindi si è creata una brutta situazione. Ora quindi ci troviamo in una realtà in cui c’è la necessità di fare business, non ci sono altre opzioni, ma il problema è che fin dall’inizio questi affari non sono stati gestiti in modo intelligente. Questo è un semplice esempio, il punto è che tu devi essere un artista e allo stesso tempo un businessman e se non sei un businessman devi assumere qualcuno che ti rappresenti perché se non lo fai, e semplicemente vuoi solo affacciarti a questo mondo pensando che ci sia solo l’arte, il business ti verrà addosso che ti piaccia o no. Devi affrontarlo anche se non vuoi e quindi è meglio che tu lo faccia in modo intelligente ed etico e devi avere dei principi guida forti, devi tenere gli occhi ben aperti. Non devi avere queste oscillazioni tra il vivere come un monaco o svenderti, qualunque sia il suo significato, cercando di diventare un milionario. Non sto sostenendo queste posizioni contro qualcuno che fa parte di queste estremizzazioni, ogni persona può fare quello che vuole. Ora io mi trovo nella posizione che voglio e sono davvero felice perché l’equilibrio tra affari ed arte si trova proprio dove piace a me. Mi piacerebbe sempre essere in grado di fare un lavoro più creativo tenendo meno in considerazione l’aspetto del business ma non posso. Detto questo non sento alcuna tensione se non nei termini di quanto gli affari alcune volte prendono troppo del mio tempo.
Torniamo al disco, all’interno c’è tuo figlio Joe che suona il piano, è la prima volta che dentro ad un tuo disco c’è uno dei tuoi figli?
Si, in effetti lui e le sue sorelle hanno anche cantato nel bridge della canzone “La quinta del Sordo”, anche se più che cantare hanno urlato, il che è stato piuttosto divertente. Si tratta della prima volta che i miei figli hanno fatto parte di un disco ed è davvero un caso perché Joe è un tastierista migliore di me, lui può sedersi leggere la musica e suonare Bach, Beethoven, Mozart, Chopin, tutte queste cose molto bene invece per me è più difficile e scelgo di fare cose più semplici. E’ stato divertente e l’abbiamo fatto proprio qui nel mio ufficio, l’ho lasciato lavorare con il mio produttore io sono andato nell’altra stanza, perché non volevo creargli pressioni.
Ma considerando come Joe è entrato per la prima volta nel disco mi sto chiedendo quali valori vorresti condividere con tuo figlio e le tue figlie che forse hai scoperto in tutti questi anni nel tuo lavoro, all’interno della scena e nelle tue band?
Per me penso che faccia tutto parte della stessa storia, essere genitori e il modo in cui fai affari e tutto il resto. Ho provato in tutti i modi da quando erano bambini a far capire loro l’importanza dell’arte e allo stesso tempo ho cercato di demistificarla e di assicurarmi che loro non cadessero in questa stars truck che si è sviluppata, anche se è normale che tutti i bambini hanno le loro pop star di riferimento che seguono. Il nostro ex-chitarrista lavora ora per Billy Hillish e quindi le mie figlie hanno potuto andare ad uno dei suoi show ed incontrarlo nel backstage, io mi sono assicurato di dire loro che quelle persone stavano lavorando e quindi di rispettare il loro tempo e tutto il resto. Ho voluto far capire loro che sono fan di questo artista ma si tratta semplicemente di una persona che certamente ha molto talento ma è sempre una persona e quindi non ha senso che venga posta su un piedistallo, non è realistico e non è giusto nei suoi confronti. Apprezzare quello che l’artista propone senza preoccuparsi troppo del resto, ad esempio Wagner ha detto delle cose terribili sugli ebrei, lui quelle cose le ha dette e probabilmente non piacerebbe a nessuno come persona, ma non vedo cosa ciò abbia a che fare con il suo lavoro. Penso sia importante comprendere che l’arte veramente grande trascende anche il suo creatore, se non andasse oltre allo stesso creatore non sarebbe veramente grande.
Sono d’accordo, ultima domanda rispetto al disco, è stato presentato come un viaggio nelle paure più profonde ma con degli “hooks” che spingono, è una descrizione corretta di questo disco?
Più o meno, voglio dire penso che dentro ci sia un senso di disperazione che è intenzionale, non è un messaggio per dire che le persone dovrebbero essere disperate, è solo riconoscere che questo è un fatto della vita. Probabilmente, in riferimento ad una delle prime domande sul periodo pandemico, ha qualcosa a che vedere con il fatto che l’idea che tutti avevano del mondo è stata stravolta ed in questo contesto è stato facile perdere la speranza e chiedersi il perché, mentre è stato molto difficile trovare una risposta. Quindi quando chiedi “di chi ti fidi?” voglio dire che io sono della convinzione che una fede religiosa davvero solida avrà sempre dei dubbi, il dubbio è sempre presente. Ad esempio prendi il libro di Giobbe del vecchio Testamento, che è una grande opera d’arte che si conosca anche se tu dovessi spogliarla della sua teologia, basta considerarlo nel suo senso mitologico per riconoscere che è un grande pezzo di poesia non solo perché è scritto bene ma perché alla fine non fornisce una risposta, alla fine questo libro non ci rassicura veramente. Dio appare finalmente alla fine del libro e fa delle domande a Giobbe e la maggior parte del libro è una specie di interrogatorio di Dio e una difesa di Dio da parte degli amici di Giobbe. Dio alla fine non sarà interrogato e sarà Dio ad interrogare Giobbe, è veramente misterioso, non c’è una risposta chiara e penso che possiamo guardare molto di quello che traspare nella nostra cultura, specialmente nella cultura occidentale in quei termini, non credo abbiamo trovato una risposta. Penso che in un certo senso ci sia una specie di baratro aperto e le nostre politiche estreme di risposta sono solo un tentativo di afferrare e controllare qualcosa che non può essere afferrato e controllato. Abbiamo vissuto qualcosa che sembrava uscito da una di quelle storie di HP Lovecraft dove si apre questo altro mondo con questi mostri orribili. E’ una domanda interessante per me, se ciò accade nel senso lovecraftiano, nel senso di Giobbe e delle sue sofferenze qual è la nostra risposta a questo alla fine? Come noi possiamo mantenere un senso di speranza in questa disperazione? Penso che in una certa misura sia quello che mi passava per la testa e nella mia anima quando ho scritto questo disco, è abbastanza ovvio, ma non mi piacerebbe che le persone pensassero che sto cercando di veicolare un messaggio, sto solo cercando di porre una situazione e chiedermi se forse anche altri possono chiedersi “cos’è allora che faresti?”
Non ho risposte ma voglio trovare un modo per sperare e penso che l’umanità al suo meglio possa fare questo cioè cercare un modo per andare avanti, trovare un modo per sperare anche se non ha nemmeno molto un senso logico ma cerchiamo di andare avanti e guardare alle persone nelle nostre vite spesso le persone più semplici le persone che forse non sono le più istruite, le persone forse non ha molti soldi e molto successo ma le persone che sgobbano giorno per giorno e vanno contro a tutto quello a cui dovremmo credere sul mondo e su come funziona ma forse possiamo imparare qualcosa da quelle persone.
Chiedo scusa per la prossima domanda che tornerà davvero all’essenziale ma è una domanda che i fan italiani mi hanno chiesto di fare: visto il nuovo disco e visto il fatto che è stato pubblicato in Italia come vinile, c’è la possibilità di vedere gli Screeching Weasel almeno in Europa prossimamente?
E’ molto difficile da dire, in questo momento, non posso ottenere un concerto intendo nei termini simili al periodo pre-pandemia, i soldi semplicemente non ci sono ed è molto costoso riuniore tutti i miei compagni che sono di 5 stati diversi in un unico posto voglio dire anche per fare uno show negli USA è molto costoso, in questo momento non posso rispondere. Stavamo rallentando prima che arrivasse la pandemia non stavamo suonando molto e ero felice per questo perchè stavo cercando di fare un pò meno cose perchè non mi piace viaggiare ma onestamente non c’è un piano, il piano è che se abbiamo una buona offerta la prenderemo seriamente in considerazione e proveremo a farlo ma non c‘è niente di nascosto, ho parlato con il mio agente e ha detto che ci sta lavorando, non sono contrario all’idea ma non posso fare promesse.
Abbiamo questo bellissimo disco, ha delle stupende canzoni ed è stato per me un privilegio parlarne con te. Grazie per il tuo tempo è stato un piacere e un onore.
Grazie a te!
Spero di vederti in qualche modo da qualche parte .
Grazie per questo tempo.