Nella speranza concreta che il 2022 sia l’anno della ripartenza per la musica live nel frattempo i Manges sono entrati in studio di registrazione per preparare un nuovo disco, abbiamo colto l’occasione per fare alcune domande ad Andrea Caredda, cantante e chitarrista della storica band di La Spezia.
Ciao Andrea, Punk rock addio è uscito nel 2020, poi pochi live ma ora siete già in studio per registrare nuovo materiale, cosa ci racconti?
Andrea: Purtroppo dall’uscita di Punk Rock Addio ad oggi abbiamo potuto fare solo una manciata di concerti. Nel frattempo ci siamo concentrati sullo scrivere nuove canzoni e già a metà 2021 c’era molto materiale pronto, abbiamo scelto le più belle e ci siamo messi subito a registrare.
Avete spesso cambiato i professionisti dietro alla cabina di regia in studio con risultati diversi ad evidenziare a mio avviso che la band sia sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo pur partendo da delle basi solide di riferimento, ne è l’esempio Punk rock addio prodotto da Lorenzo Moretti & Danilo Silvestri e il singolo Totsie Rolls in collaborazione con i Giuda, cosa ci puoi dire rispetto a questo, svelando magari qualcosa sul futuro album?
Andrea: Sì, ci è piaciuto per ogni album avere sguardi diversi da parte di diversi produttori, anche se il nostro modo di suonare ed il nostro stile non cambiano mai molto. Ma crediamo che in un genere che già di per sé è codificato e ripetitivo, mantenere anche lo stesso sound sia un po’ noioso. Per il prossimo disco la produzione è stata affidata a me, per la prima volta. Le registrazioni (a Spezia) sono quasi finite ed il mix abbiamo in programma di farlo con Andrew Berlin del Blasting Room, un produttore americano che ha lavorato con molte delle nostre band punk preferite.
Andrew Berlin del Blasting Room ha lavorato tra gli altri con Teenage Bottlerocket, Descendents, Nofx, Rise Against e ha già mixato il vostro EP Florida. Proprio su questo tema visto che cambiate spesso, come vi muovete di volta in volta per la scelta dello studio e dei tecnici? Usate ad esempio come riferimento il suono di un disco a cui volete avvicinarvi?
Andrea: No, non abbiamo mai preso un album specifico come ispirazione per il sound. Partiamo dalla scrittura dei pezzi e cerchiamo di dare un senso alle canzoni nel loro insieme. Magari abbiamo un’idea dello stile che vogliamo per il disco. Di solito desideriamo un suono né troppo “attuale” né palesemente retro, preferiamo che il nostro gruppo sembri sempre un po’ fuori dal tempo. Scegliamo dove e come produrre l’album e poi ci lasciamo guidare… anche perché abbiamo idee e personalità diverse per cui non potremmo mai arrivare sereni alla fine delle registrazioni prendendo decisioni collettivamente 🙂
Come sappiamo sono stati anni complessi e nell’ambito culturale ne ha subito le maggiori conseguenze la musica live, d’altro canto la “endless detention” a cui siamo stati costretti ha portato i musicisti a concentrarsi sulla scrittura. Come avviene la scrittura di un pezzo dei Manges e quanto ci sarà direttamente o inconsciamente nel nuovo disco di quanto successo attorno a noi in questi due anni?
Andrea: Non abbiamo mai voluto parlare di attualità nei nostri testi, commentare situazioni del momento o altro. La stessa “Endless Detention”, che sembra parlare di pandemia, è stata scritta prima dell’arrivo del covid ed il tema era la depressione e la solitudine. Sicuramente proprio alcune delle cose di cui parliamo spesso, sempre in chiave ironica ma ne parliamo, come l’ansia e la depressione, hanno trovato più riscontro con il clima degli ultimi due anni.
Nei vostri dischi avete spesso inserito collaborazioni speciali, da Joe Queer a Cj Ramone ma anche le Crimson Vipers Roller Derby Bergamo, e anche delle cover interessanti e soprattutto mai scontate, ad esempio la bellissima I tried to die young di Melanie Safka su All is well, come sviluppate queste scelte? Proseguirete in questa direzione anche sul nuovo disco? Puoi svelare qualcosa?
Andrea: Le scelte ovviamente le facciamo sulla base di ciò che desideriamo, abbiamo avuto la fortuna di collaborare con tanti dei nostri artisti preferiti. La scelta delle cover la facciamo tutti insieme ma generalmente è Mass a proporre pezzi che funzionano. Io ad esempio non avevo mai sentito I Tried To Die Young prima che mi venisse proposta come cover. Posso anticiparvi che abbiamo registrato un pezzo dei Fleshtones con il quale chiudiamo i concerti già dall’anno scorso.
In aprile ritornerete sul palco dopo un lungo periodo di sosta con un disco nuovo in uscita e uno suonato poco dal vivo, cosa potremmo aspettarci nella setlist? Come viene costruita solitamente e quanto è influenzata dal luogo in cui suonate?
Andrea: La nostra setlist è sempre la stessa! Si evolve molto lentamente, con i nuovi dischi e periodicamente aggiungiamo i pezzi più apprezzati da chi ci segue, ma se ci vieni a vedere per due volte di fila probabilmente assisterai a due concerti identici. Per lo meno anni fa abbiamo smesso di vestirci tutti uguali, se no pure il look era lo stesso ogni sera.
Il look con la t-shirt a strisce che vi ha contraddistinto nei live per buona parte della carriera è a mio avviso uno degli indici, forse il più ingenuo, della vostra attenzione per tutto quello che concerne l’immagine della band nelle varie forme artistiche che sono espressione delle vostre passioni; i tatuaggi, la pittura, la fotografia emergono attorno alla vostra musica e la arricchiscono attraverso i testi e soprattutto nel layout dei vostri dischi; quanto tutto questo è importante per voi?
Andrea: Ci piace molto curare le grafiche e l’immagine del gruppo, certo siamo convinti che ogni disco vada visto nel suo insieme di musica e immaginario visivo! Abbiamo già la copertina e l’idea per le grafiche del nuovo disco ovviamente! Ne discutiamo sempre molto ma quando ci mettiamo tutti d’accordo, siamo davvero entusiasti.
Noi “fans” dei Manges non vediamo l’ora di tornare ad un vostro concerto a cantare con l’indice alzato, il sorriso stampato … la nostra immagine è abbastanza chiara. La vostra visione ovviamente è diametralmente opposta: chi vedete accalcarsi sotto il palco ai vostri live?
Andrea: Non ci sentiamo a nostro agio a chiamarli “fans”. Quelli che (per fortuna) ci seguono sono un po’ una famiglia allargata, e ci sono persone molto diverse tra loro. A differenza di altre band molto più popolari della nostra, abbiamo la fortuna di poter contare sul supporto di veri appassionati. Gente che esiste davvero e fa cose, gente che compra i nostri dischi e ci fa sentire il proprio sostegno, al di là dei like sui social.