Il cantante e chitarrista John Doe leader degli “X” in questo testo scritto e compilato insieme al giornalista Tom De Savia (tradotto in italiano per Giunti ed. da Andrea Valentini) ha cercato di raccontare la storia dell’incredibile prima scena punk rock di Los Angeles. Tutto attraverso i suoi occhi e quelli di altri testimoni di quel folgorante periodo tra i quali ovviamente la sua ex-moglie e co-fondatrice degli X Exene Cervenka, Mike Watt dei Minutement, Jane Wiedlin delle Go Go’s, Roger Lopez (El Vez) degli Zeros, Teresa Covarrubias dei The Brat, Chris Desjardins dei Fleash eaters, l’artista Pleasant Gehman e il giornalista Chris Morris.
Il libro forse proprio per questo si intitola “Storia vissuta…” (anche se il titolo originale è “Under the Big Black Sun”), in quanto non è un’operazione di ricerca accademica ma più una raccolta di ricordi vissuti sulla pelle ma ben assemblati ed organizzati al fine di dipingere sia gli avvenimenti quanto lo spirito di quel periodo. Ed in effetti è propri lo spirito di una generazione che emerge, la passione e il senso di appartenenza a un movimento unico ma multiforme che ha segnato la vita di chi l’ha vissuto e ha aperto la breccia alla nascita dell’Hc californiano. L’eredità importantissima per le successive scene punk californiane è sancita dall’introduzione scritta da Billie Joe Armstrong che fa capire quanto sia stata forte l’influenza di questo movimento la cui onda lunga si è fatta sentire fino agli anni ’90.
La scena del ’76/’79 a Los Angeles effettivamente non è mai stata al centro delle cronache sul punk rock perché giornali e media l’hanno sempre considerata di secondo piano rispetto ai più famosi movimenti sviluppatesi a Londra e New York (dove delle band di assoluto spessore hanno costruito un ponte tra underground e music business) e anche perché offuscata dalla successiva dirompente ascesa dell’Hardcore e di band come i Black Flag. Il senso di questo libro negli intenti degli autori è quello di evitare che la storia del primo punk di L.A. finisca nel dimenticatoio anche a causa della scarsezza di documentazione che potrebbe portare tra l’altro all’avvento di decine di ricostruzioni farlocche fatte su ricordi sbiaditi o frutto del mito.
Prima di questo libro la mia conoscenza sull’argomento era abbastanza vaga, del resto poco in italiano era stato scritto, e l’immagine di quel periodo mi arrivava soprattutto dai dischi di band come X, Germs, Dickies o dal documentario “The Decline of Western Civilization” che sono solo un riflesso del mondo da cui erano arrivati. Ed in effetti dalla lettura emerge come la Los Angeles punk rock fosse un crogiolo di creatività che produceva con genuina spontaneità arte, musica conditi purtroppo anche da eccessi di ogni tipo che per molti si sono rivelati fatali (uno su tutti Darby Crash dei Germs). Si evidenzia come non ci fosse una omogeneità musicale-artistica, il comune denominatore era fare parte di una scena ma le proposte erano le più svariate, dal rock’n roll-rockabilly degli X alle performance pseudo-artistiche degli Screamers.
Funge da esempio di questo clima la “carriera” degli Screamers, band synth-punk senza chitarre che accompagnava la musica a performance con proiezioni video e costumi, che in sostanza registrò solo dei Demo e non è mai approdata all’LP. Dalla lettura emerge che la band capitanata dall’istrionico performer Tomata Du Plenty fu una delle formazioni di riferimento del periodo e di ispirazione per tutto il movimento, nonchè ispiratrice di uno dei loghi iconici del punk cioè il cantante che grida con la cresta a punte (leggetevi questo bellissimo articolo sugli Screamers di Massimiliano Speri su Onda Rock).
Non solo musica quindi e non solo dischi ma soprattutto un movimento e in particolare tanti live accompagnati da locandine, fanzine (Slash su tutte) ed etichette (Dangerhouse, Bomp, What?, SST).
Ma la chiave della crescita del movimento fu anche l’avere a disposizione un live club che dava spazio a tutte le band, fungeva da sala prove e da casa all’occorrenza, stiamo parlando ovviamente del mitico The Masque di Brendan Mullen. Il locale che si trovava in un buio e sporco sottoscala al centro di Hollywood aprì nell’agosto del 1977, la sua sede storica non restò aperta nemmeno un anno e la sua chiusura per motivi di sicurezza nel gennaio del 1978 segnò una ferita profonda nella scena di L.A. (anche se il locale si spostò senza successo in altre sedi). Da quel momento si può dire che iniziò (anche per altri motivi) a spegnersi lentamente il fuoco del movimento punk di Hollywood che lasciò il posto poi alla nuova scena beach-punk poi consacratasi come Hardcore, passaggio che è accennato anche nel libro.
“Storia vissuta del punk a Los Angeles” è un libro che raccoglie tante storie a formarne una più grande, non riesce ovviamente a raccontare tutto ma fa emergere perfettamente lo spirito di quei giorni attraverso punti di vista diversi, da chi ci stava dentro fino al collo dall’inizio a chi invece ci entrò in punta di piedi (come i favolosi Zeros di Chula Vista) o chi invece ci entrò violentemente (come beach punkers della south bay) o chi restò un pò in disparte a osservare.
Interessante come venga data anche una chiave di lettura della repentina fine di quel movimento… ma questo, e molto altro, potete e dovete leggerlo comprando il libro. No Spoiler!
Proposte per colonna sonora alla lettura:
John Savage presents “Black Hole: California punk 1977-1980” Domino rec 2010.
Various “Dangerhouse volume 1” Frontier rec 1991
X “Los Angeles” Slash rec. 1980
Germs “GI” Slash rec 1979
The Zeros ”Don’t Push Me Around (Rare & Unreleased Classics From ’77)” Bomp 1991
The Weirdos ”Weird World – Volume One 1977-1981″ Frontier rec 1991